Nuove solitudini
Nuove solitudini
Un po’ per curiosità e un po’ per fascino mi son lasciato attirare su alcune vecchie e nuove riflessioni che frullano nella mia mente sul rapporto tra consenso, produzione del consenso, successo e fama, uno dei motori distorti, credo, del nostro quotidiano. Distorti perchè costruzioni gigantesche poggiate su basi fragilissime, giganti coi piedi d'argilla. E perchè pericolose per la sopravvivenza e la salute del singolo e del collettivo. L'etica del successo è ai suoi massimi. Tira fortissimo. E la sua intrinseca fragilità è ancora tutta da disvelare. Ha lo stesso fascino e la stessa consistenza della bolla di sapone in cui il raggio di sole si scompone nell'arcobaleno. Uno dei suoi aspetti che da sempre mi colpisce è il meccanismo di mutua dimostrazione della propria esistenza tra pubblico e protagonista dell'evento. Tra chi sta sopra e sotto il palco. Un meccanismo che spinge a pensare: esisto perchè devo pur esistere se in tanti son venuti a vedermi. Ma questi molti son venuti in così tanti proprio perchè li rassicura esser parte di un esistenza, ne è prova che partecipano di un evento in cui c'è qualcuno la cui esistenza è certa per il numero di persone che riesce a richiamare a se. E' un'aporia pericolosa e autoinverante, rassicurante. E' come quando nei cartoni animati il personaggio continua a correre nel vuoto fino al momento in cui non realizza di essere nel vuoto. Poi cade. C'è sotteso anche il tema della condivisione. Che mi sembra un tema centrale dell'oggi. Perchè esiste, credo, un limite alla condivisione. La condivisione è relazione, ma è qualitativamente sempre più misera quanto è quantitativamente più diffusa, soprattutto se si passa dal condividere oggetti a condividere momenti, o addirittura noi stessi. Se si passa alla relazione appunto. Esiste relazione uno a molti? E fino a quale quantità è relazione e quando diventa solo contatto? Noi siamo finiti e non possiam condividerci all'infinito. Esiste una relazione inversamente proporzionale tra qualità e quantità. E’ il tema chiave del rapporto pochi/molti, qualità e quantità. Uno dei temi più interessanti per me al momento. La modernità sembra richiedere una sorta di nuova aristocrazia di massa, o almeno la postula nelle forme che si è data di governo e di istruzione ... ma ad oggi è lontanissima dal raggiungerla. In questo è proprio la cognizione di essere per la morte e nella morte, la vita che si differenzia dalla mera esistenza per la consapevolezza della propria finitezza che mette in crisi tanto l'etica del successo che l'etica consumistica, l'accumulazione infinita, e chiede un ontologia più forte e più debole al tempo stesso. Una possibile risposta credo abbia a che fare con la comunità e la relazione, e con la forza del ricordo, con una condivisione che ritengo non possa essere ne di molti con molti, ma di pochi con pochi e quindi di molti, condividendo completamente, ma non del tutto. Il campo della riflessione è aperto, intanto condivido un pezzo di questa riflessione a molti...