Mr Holmes di Mitch Cullin

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Un romanzo gustoso e dolcissimo e insieme profondo e meravigliosamente inquietante da cui è stato tratto anche l'omonimo film di Bill Condon
Nell'immaginario collettivo, di cui come poche altre figure è stato dominatore, Sherlock Holmes rappresenta la logica, la razionalità.
È fulgido esempio della bellezza del romanzo giallo che veicola un'idea di mondo: la fiducia che per quanto male, orrore, cattiveria e crudeltà ci possano essere la luce della ragione riuscirà ad illuminare le zone oscure e a riportare ordine dove è stato seminato il caos. Sono convinto che questo sia il tratto saliente e attraente di questo genere letterario.
Proprio per questo, a mio parere, il bel romanzo di Mitch Cullin sceglie proprio Mr Holmes per accompagnarci per mano, con una narrazione piacevolissima e diverse linee temporali che si intrecciano, di fronte ai grandi interrogativi dell'umanità, al significato ultimo della vita (e quindi della morte).
Di fronte alla domanda "perché questo uomo è morto?" Holmes saprebbe di certo dare risposte solide e illuminanti: l'arma del delitto, il movente, il colpevole, i classici chi, cosa, dove come è perché.
Ma di fronte alla domanda "Perché questo uomo è morto?", qual'è il senso, la ragione, il motivo per cui si muore, quale spiegazione potrà mai dare il celebre detective?
È questo è tanto più vero di fronte ad una morte inattesa, ingiusta e figlia non di perfidi calcoli di una mente maligna ma del semplice e quotidiano lavorio del Caso.
Un Holmes anziano si pone forse per la prima volta domande sul Senso, e le mette in relazione con un rapporto non nuovo ma non più asetticamente scientifico con la Natura, l'oceano, la campagna del Sussex, le proprietà naturali delle piante, l'ordinato lavoro delle api operaie...
Un romanzo gustoso e dolcissimo e insieme profondo e meravigliosamente inquietante da cui è stato tratto anche l'omonimo film di Bill Condon con Ian McKellen e Laura Linney.

Vorrei, la rivista che vorrei, 10 dicembre 2015

http://www.vorrei.org/culture/11571-mr-holmes-di-mitch-cullin.html

Macbeth è servito

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Luca Redaelli interpreta Shakespeare.
Un inatteso legame tra i sapori lecchesi e le terre di Scozia

Il testo è di quelli assoluti. In cui ogni cosa è scritta. Destino. Potere. Ambizione. Sogni. L'intera natura umana.
Da subito colpisce un inatteso legame tra i sapori lecchesi e le terre di Scozia. Che diventa splendido nelle veggenti, uno dei punti forti dell'interpretazione.
Caricato quasi completamente sulle spalle di Luca Redaelli (con la sola spalla di non poco conto di Maurizio Aliffi alla chitarra, dal vivo, a dar man forte) l'interpretazione del Macbetto fila densa e e spumosa come una mousse al cioccolato fondente.

Il cuoco (di Salò) osserva gli avvenimenti come se la cucina fosse l'unica cosa davvero importante (e come dargli torto) "anche in un naufragio bisogna pur mangiare". È vero e al tempo stesso marionetta, pupo, folle shakespeariano. Lady Macbeth è una figura leggera, di un'altra dimensione, più una voce nella mente, un fantasma tanto quanto Banquo nella casseruola.
La cucina è inquietante, come ho sempre sospettato che fosse. Crudele. La banalità del male che ogni giorno è più volte al giorno taglia, lacera, ferisce, cuoce, brucia, disossa, affetta, spezza, tritura ... E trasforma.

Donne e uomini di ogni tempo, vecchi e bambini, sono ingredienti passeggeri per il menù di una sera o di una vita. Il Cuoco segue un menù , improvvisa, mischia tutto senza senso oppure gioca, come un bambino, e getta tutto nella spazzatura.

Vorrei, la rivista che vorrei, 14 Marzo 2016

https://www.vorrei.org/culture/9437-macbeth-e-servito.html

Pop (young) pope

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Quello che ho visto guardando The Young Pope.

La fotografia rimanda a quadri d'altri tempi. L'uso della musica, dell'immagine, dei primi piani: la dimensione estetica è una parte del contenuto di questa serie. Estetica come etica anche nella trama. L'analisi del potere, della sua relazione con la conoscenza, e del suo rapporto con l'immagine soprattutto nella società dell'immagine. È denso eppure è pop questo Young Pope. Ma soprattutto è controverso. I suoi personaggi sono dinamici, si trasformano, giocano con i pregiudizi di cui tutti siamo inevitabilmente carichi, si mettono in discussione e ti mettono in discussione, sfuggono dalle caselle in cui sei tentato di rinchiuderli, provano a dare punti di vista diversi e contrapposti, sfumature, triangolazioni, angolature. Restituiscono la pienezza della complessità. Controverso è la parola che riassume tutto, controverso e per questo stimolante: cattura gli occhi e fa funzionare il cervello.

Vorrei, la rivista che vorrei, 28 Novembre 2016

https://www.vorrei.org/culture/10246-pop-young-pope.html

Il viaggio leggero di Timbuktu

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Un film di Abderrahmane Sissako. Altro che scontro di civiltà, altro che modernità contro barbarie. I frutti perversi dell'emarginazione e della sottocultura europea

Timbuktu è un film che viaggia leggero, poetico, verso la tragedia, individuale e collettiva. I paesaggi straordinari di un luogo fuori dal tempo, di armonia tra uomo e natura, resi con maestria da una fotografia curatissima ed essenziale, i suoni, i colori, gli antichi mestieri ci introducono in un mondo antico ed equilibrato, vitale, gioioso, che viene oppresso, asfissiato da un fanatismo di maniera, modaiolo. Si può giocare una partita di calcio senza pallone? Tanto può la passione, la forza della vita contro i lacci di un dogmatismo che nulla a che vedere con la modernità.

Telefonini, videocamere, gipponi, e armi. I segni dell'occidente, i tratti del suo consumismo, narcisismo, del suo egotismo ipertrofico, esteriorità e apparenza, sono i segni distintivi, le differenze che mostrano a quale cultura e da dove proviene la guerra santa, il fondamentalismo che si impone con la violenza in una cultura tollerante e aperta.

Altro che scontro di civiltà, altro che modernità contro barbarie. I frutti perversi dell'emarginazione e della sottocultura europea che assumono radicalizzandola una religiosità che non gli appartiene e della quale, per questo, non riescono a cogliere l'essenza, aggrappandosi ad una superficiale e ossessiva armatura di regole e di norme di cui perdono il senso e il significato. Dove sta la carità? La pietà? Il perdono? Un film da vedere per sfatare i luoghi comuni e da guardare lasciando la mente aperta. Riuscirà la gazzella a fuggire? Riuscirà la natura a sopravvive e ricostruire la sua armonia?

Vorrei, la rivista che vorrei, 11 aprile 2015

http://www.vorrei.org/culture/10804-il-viaggio-leggero-di-timbuktu.html

The Imitation Game

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Cinema. Alan Turing: una figura straordinaria magistralmente portata sul grande schermo dal film di Morten Tyldum The imitation game. Pensiero della differenza e capacità di vedere le cose da un'altra angolatura.

Non esiste nulla di lineare, nessun processo è privo di un codice, di una cornice, di una struttura che consente di decifrarne i messaggi. Ma delle strutture più consuete ci dimentichiamo.
Alan Turing aveva una certa difficoltà a comprenderle. Ad acquisire la consuetudine. Ad afferrare ciò che consideriamo normale. Questo gli permetteva di cercare le strutture. E di trovarle. La difficoltà ad acquisire gli schemi, le strutture, le regole non scritte che regolano usi, costumi e che determinano la comprensibilità dei nostri scambi quotidiani, delle relazioni, dello stesso linguaggio, è la stessa ragione che gli permetteva di cercare queste strutture, di capirle, analizzarle, decifrarle, fino a coglierne la logica e a teorizzare e in parte realizzare l'intelligenza artificiale.
Pensiero è pensiero della differenza. E capacità di vedere le cose da un'altra angolatura. Ma di più. E' capacità, e dannazione, di vedere la cornice, il contesto del testo, di porsene fuori. E la difficoltà di starci dentro quando lo si vede da fuori.
Tutto questo è Alan Turing. Una figura straordinaria che ho scoperto qualche anno fa e che viene magistralmente portato sullo schermo dal lavoro di Morten Tyldum "The imitation game". Il resto sono un incrocio interessante di linee temporali, una ricostruzione affascinante del momento più buio della storia recente, il codice Enigma con cui i nazisti cifravano i messaggi per dare ordini ai loro sottomarini, la difficoltà di accettare gli altri che rendeva l'omosessualità un reato perseguibile nell'Inghilterra degli anni '50, segreti militari, la sovrapposizione tra il lavoro segreto dei geni della crittografia di Bletchley Park e quello degli scontri violenti della guerra più tecnologica che si sia combattuta, aerei, navi, carri armati, sommergibili. In uno e nell'altro scenario inizia la guerra delle macchine.
Un destino beffardo è protagonista della svolta della vita di Turing (e della salvezza di 14 milioni di vite) come della sua rovina. Lo stesso caso che domina nel Match Point di Woody Allen, il cui ruolo i matematici conoscono così bene.
La difficile relazione tra la logica e le emozioni, e l'impossibilità, l'illusorietà, l'approssimazione di qualunque giudizio, che prova a chiudere nel codice binario del bene e del male, del bianco e del nero, l'irriducibile complessità della vita, del pensiero, delle infinite variabili. Fino allo splendido caleidoscopio intrigo che confonde verità è menzogna, anch'esse prodotti di una logica, di un sistema, e indecifrabili al di fuori di questo, tanto nello schema vincente di una straordinaria pagina della storia quanto nella quotidianità della vita.

Scritto da Roberto Rampi

Vorrei, la rivista che vorrei, venerdì, 06 Febbraio 2015

http://www.vorrei.org/recensioni/10584-the-imitation-game.html

Sei libri, sei film, sei canzoni, sei scelte per conoscerci meglio.

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    Verità e metodo
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