La materia del pluralismo dell'informazione è un tema cruciale, un tratto fondamentale della base di una democrazia, che deve essere caro a chi crede nel senso genuino della politica.
Senza pluralismo non c’è informazione (al massimo resta la propaganda); senza informazione non c’è conoscenza. E senza conoscenza la democrazia non esiste.
La Politica ha dunque il compito di affrontare tematiche così impegnative e provare a tradurle nella concretezza di provvedimenti. Le leggi – certo – hanno spesso un ambito circoscritto, legato al tempo, alla contingenza, alle disponibilità delle risorse. Tutto ciò non esime la Politica dal dovere del tentativo di dare risposte a quesiti di respiro ampio, nel tempo e nell’impatto.
Il problema del sostegno al pluralismo nell’editoria è all’attenzione del Parlamento italiano sin dagli anni Ottanta. Successivamente, negli anni Duemila abbiamo assistito a processi di revisione significativi e, nel 2010, si è avuto un ripensamento del sistema di contribuzione all'editoria che sempre di più verte sul sostegno alle piccole testate locali indipendenti.
Nel 2010, il Parlamento ha tentato – ma senza successo anche per il sopravvenire della fine della XVI legislatura – quello che invece pare riuscire a noi oggi: un provvedimento di legge complessivo di delega e di riordino che dia uniformità al settore (che – per dare un’idea del mutamento intervenuto – dal 2006 al 2016 ha visto passare le risorse pubbliche destinate al settore da 420 milioni a 30). Per non ripetere quell'esperienza incompiuta, la Commissione Cultura si è data un tempo importante di ascolto – all’esterno - del mondo degli operatori - con audizioni significative - e poi, all’interno, di ascolto delle diverse forze politiche. Ora è arrivato il tempo della decisione, della scelta e dell'assunzione di responsabilità.
Noi sappiamo che questo settore oggi rischia, ogni giorno che passa, di vedere una testata che muore. Parliamo di piccole testate locali; parliamo dell'ossatura della democrazia del Paese, parliamo di chi compie ogni giorno atti d'inchiesta e di indagine e magari svela realtà drammatiche che riguardano il sistema della criminalità organizzata, oppure la violenza verso i più deboli, o verso l’ambiente.
Che cosa prevede questo provvedimento? Innanzitutto una ridefinizione della platea che può accedere ai contributi pubblici secondo due linee di fondo: una maggior trasparenza e una maggiore individuazione dei destinatari della piccola editoria, utilizzando in particolare il criterio del no profit e delle cooperative di giornalisti, quindi di editori che sono giornalisti essi stessi come soggetto chiave di questo provvedimento. Si punta quindi alla piccola editoria, escludendo in maniera molto secca e molto chiara, sia i fogli di partito, sia le società quotate in borsa o società per azioni. Si interviene di conseguenza anche rispetto a quelli che sono stati degli scandali del passato che hanno fatto male a questo settore. Quelle malversazioni del passato sono state combattute e oggi portare a sistema un progetto come questo significa fare tesoro di quelle vicende e garantire la chiarezza e la trasparenza, per aiutare davvero questo settore e sostenere chi ogni giorno vi opera con serietà e passione.
Dall'altro lato, si lavora per garantire che al contributo pubblico corrisponda una capacità economica, una capacità imprenditoriale, una reale esistenza sul territorio e tra i lettori. Quindi si misurano le copie vendute, si misura la capacità di raccogliere fondi diretti da parte di queste realtà e si accompagna tutto questo settore, che in parte ha già intrapreso ovviamente questo cammino, verso l'era del digitale; si tratta di un'era che non è iniziata oggi, ma che è ampiamente iniziata da tempo e che in questo settore comporta una trasformazione che è cruciale. Infatti, è chiaro che oggi se noi guardiamo alla realtà dell'informazione, dei giornali, vediamo che ormai gran parte dell'informazione vive anche o solamente in rete, nell’online. C’è un grande tema di che cos’è l'informazione online e di come aiutare l'informazione online ad essere forte, ad essere fondata, ad avere riferimento alle fonti. Quindi, l'idea di portare tutte queste testate, in maniera vincolante per poter accedere al contributo pubblico, ad essere anche testate online, ad essere anche digitali e accompagnarle nei costi di ripensamento che questo comporta, è uno degli elementi cruciali della proposta di legge.
In questo contesto, il mercato – vale a dire la sostenibilità di un’offerta che incontri una vera domanda di lettura dei giornali – non viene inteso come rimedio ai mali del passato o come unica misura dei valori sociali, ma nemmeno come il grande nemico da combattere. Restiamo ancorati all’idea che se il mercato genera storture e carenze, è giusto che il pubblico intervenga.
Questa legge nasce proprio da questa logica: esistono realtà del Paese in cui da sola una cooperativa di giornalisti, una realtà imprenditoriale, una realtà no profit, non ce la fa. C'è quindi il rischio che in quella realtà del Paese scompaia una voce o ne resti una sola: per questo ha senso un intervento secondo criteri molto ben definiti da parte del pubblico, per tenere viva quella voce o accesa la pluralità delle voci. L'intervento poi si sposta a tutto il resto della filiera del settore e pertanto riguarda anche la rete di distribuzione: i distributori, le edicole, i punti vendita. Infatti, se noi lavoriamo per tenere vive delle testate, per fare in modo che esistano, se noi lavoriamo perché ci siano dei giornalisti – magari ed in particolare dei giovani giornalisti – che scrivano dei pezzi, dobbiamo poi fare in modo che quello che loro scrivono effettivamente qualcuno lo pubblichi, lo stampi, qualcuno lo porti in un'edicola e qualcuno lo venda. C’è un processo articolato di intervento in questo settore a cui abbiamo prestato particolare attenzione, pensando a degli interventi che accompagnino le trasformazioni in corso e mitighino gli effetti negativi di queste trasformazioni.
C’è poi un intervento importante che riguarda il settore dei giornalisti in maniera più complessiva. In particolare, si tratta di una revisione Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti secondo un principio di razionalizzazione delle competenze e anche del numero dei componenti, non tanto per una battaglia di principio relativamente ai costi che certi numeri comportano, che pur non sono irrilevanti, ma perché si possa far crescere l'autorevolezza, il rilievo e l’efficacia di quel luogo in una logica di accompagnamento del cambiamento, di guida del cambiamento, nel senso di avere la capacità di affrontare i tempi in cui viviamo con strumenti che siano adeguati a quei tempi.
Si interviene anche sul tema dei prepensionamenti di questo settore con un criterio di razionalità, che dice che laddove c’è bisogno di un intervento pubblico e, quindi, di risorse che sono di tutti, ci deve essere poi, però, un rigore, ci deve essere un accompagnamento verso una condizione più simile a quella di tutti i lavoratori, ci deve essere la certezza che se qualcuno è stato accompagnato fuori dal mondo del lavoro ed è andato in prepensionamento non ritorni poi, qualche giorno dopo, a lavorare per lo stesso giornale in altra forma. Questo sarebbe iniquo e sbagliato.
La legge approvata dalla Camera è arrivata in Aula dopo un lavoro approfondito di mesi della Commissione Cultura e di tutti i gruppi parlamentari negli ultimi mesi, in un clima molto positivo che ha permesso a tutte le forze politiche, ovviamente ognuna partendo da impostazioni anche molto differenti, di dare il proprio contributo a questa proposta di legge, raccogliendo da più parti un sentire comune. Sarebbe preoccupante, del resto, se così non fosse nei confronti del pluralismo dell’informazione, anche se ognuno naturalmente individua poi, almeno in parte, modi di intervento differenti.
C’è il tema delle deleghe contenute in questa proposta di legge. In questo settore le deleghe al Governo hanno una funzione particolare per un motivo molto semplice: perché si tratta di dare alla norma quel valore universale che merita e, però, permetterle di misurarsi con la concretezza delle situazioni che, via via, si trasformano. Pertanto, se noi possiamo definire molto bene i principi a cui vogliamo arrivare, via via che questi principi ricadono nella realtà e nella quotidianità, ci sono anche delle trasformazioni nel settore che devono permettere, con i decreti attuativi che possono cambiare di anno in anno di poter via via introdurre dei correttivi se necessari. Ogni volta che cambiano i decreti attuativi, la legge prevede un passaggio nelle Commissioni parlamentari. Il Parlamento quindi dà un indirizzo puntuale; il decreto attuativo prova a concretizzare quell'indirizzo; se il risultato, se l'esito di questa concretizzazione non corrisponde all'indirizzo, c’è lo spazio e c’è la possibilità di intervenire e di correggere il decreto attuativo. Una modalità di legiferare che lega universale e particolare e dà alla norma la capacità di adattarsi, essere flessibile, accompagnare i cambiamenti in atto. Ma, proprio perché questa è la logica, si è cercato, nel lavoro di Commissione, di rafforzare il dettaglio.
Abbiamo infine raccolto le osservazioni delle diverse Commissioni, altri accoglimenti li faremo nel lavoro d’Aula. In particolare abbiamo rafforzato l'attenzione verso i lavoratori di questo settore e le norme che garantiscano che chiunque voglia accedere a un contributo pubblico debba, in maniera rigorosa e chiara, non solo formalmente, ma sostanzialmente rispondere a tutti gli obblighi contrattuali che ha nei confronti dei propri lavoratori, abbiamo rafforzato il tema della trasparenza di tutti i proventi economici delle diverse testate, le norme sulla rete della distribuzione.
Sono stati accorpati due differenti testi; si è fatto un lavoro forte di unione dei due testi; in Commissione sono stati recepiti molti emendamenti; oggi ne sono stati presentati altri; anche a questi emendamenti guarderemo con attenzione al merito e vedremo di recepirne il numero maggiore possibile.
Ci sono in questa materia molte questioni condivise, altre che dividono. Solo non raccontiamo cose che non esistono. Non esistono amici o nemici, del Governo o di questa o quella forza politica da sostenere o combattere ma la necessità di intervenire in un settore cruciale per il Paese e farlo con il rigore massimo possibile, perché, quando si parla di contribuzione pubblica e quando si parla di risorse di tutti, bisogna essere sempre davvero rigorosi e trasparenti.
Dobbiamo provare a dare risposta con queste norme ad una domanda che ci siamo fatti in tutti questi mesi: l’informazione è un prodotto come molti altri? Per cui, laddove c’è mercato, bene, laddove non c’è mercato, fa nulla, ci sarà un prodotto in meno da vendere? Noi diciamo che non è così. Questo è un settore che vede insieme un prodotto e un servizio. E si tratta di un servizio essenziale, cruciale e primario. Il diritto alla conoscenza è un diritto primario dell'uomo, è un diritto fondamentale che distingue una democrazia. Qualcuno ha chiesto: voi pensate, con questa legge, di migliorare la condizione dell’informazione in Italia, così come viene rilevata dagli studi e dalle statistiche? Noi abbiamo anche questa ambizione. Magari la miglioreremo solo di poco, però noi abbiamo l'ambizione di procedere passo dopo passo e di procedere, però, passo dopo passo nella giusta direzione.