È il tempo dei particolarismi e delle oscillazioni

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Il tempo delle oscillazioni, dei particolarismi e dell'assenza della funzione guida, delle Grandi Interpretazioni della Realtà.

A me questo sembra il dato di fondo.

 

Ad ogni tornata democratica in tutto il campo occidentale c'è un elettorato prevalente che prova a scommettere su ciò che sente come nuovo.

 

Ma sulla base di questo meccanismo al ciclo successivo non può che cambiare investimento. Creando un meccanismo ondulatorio di "innamoramento" e delusione permanente.

Come se ne esce? (ammesso che se ne possa e se ne debba uscire - io penso di sì). Con un investimento in quegli strumenti culturali che diano chiavi di interpretazione un po' più di medio periodo. E quindi quella che senza paura chiamerei una nuova funzione dei partiti.

 

Vedo un lato molto positivo e lo racconterei così: in un mondo di tifosi ognuno va sempre allo stadio convinto quando gioca la sua squadra e la sostiene con tutte le energie. Non è un mondo che a me piace molto. Da qualche anno invece mi pare che di volta in volta uno vede un po' chi gioca e valuta se andare a vedersi la partita e per chi tifare.

 

È un mondo più laico, più complesso.

 

Ma poiché la democrazia non è una partita di pallone serve un lavoro nuovo su strutture che diano chiavi interpretative e di senso.

 

È un po' lo storico dibattito sul l'accesso diretto alle fonti, alla Scrittura e sulla funzione della guida e dell'interprete .....

Facciamo dell’Italia una superpotenza culturale

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Le nostre azioni di Governo hanno un filo conduttore: più risorse e una nuova centralità della cultura, con il superamento di una concezione sovrastrutturale e accessoria degli investimenti culturali che è ancora diffusa e prevaricante. E non solo nei nostri avversari. Ancora in troppi quando servono risorse pensano di trovarle nei tagli agli investimenti culturali che considerano qualche cosa di superfluo, magari adatto ai tempi di vacche grasse come un di più. Che le risorse destinate alla cultura siano tornate a crescere dopo i tagli del passato è per noi solo un aspetto, necessario ma non sufficiente, dell’attenzione, della centralità che vogliamo produrre nella Politica italiana su questi temi. Una nuova consapevolezza.

Democrazia e cultura: un’alleanza indissolubile

Se la cultura è un investimento, non una spesa, devono cambiare tutti i parametri con cui la si valuta anche – e forse soprattutto – in Europa. La cultura diffusa è precondizione della democrazia. È condizione di cittadinanza. Significa sviluppare il pensiero critico, prevenire i mali dell’anima, saper individuare il proprio posto nel mondo, in un mondo sempre più complesso. La cultura è il lievito che riempie gli spazi oscuri che alimentano le paure e la rabbia. Accende la luce e permette di tornare a guardare al futuro con speranza.

L’apertura e la riapertura di spazi culturali, di luoghi di incontro e di aggregazione è la miglior risposta alle problematiche della sicurezza, della disgregazione sociale, dell’abbandono. Cultura è presidio sociale, fiori che crescono nel cemento delle periferie materiali e immateriali. Cultura è precondizione per l’innovazione, è imparare a pensare che si possa fare in modo diverso, è essere bombardati di stimoli, coltivare le menti che troveranno soluzioni nuove, che percorreranno sentieri ancora imbattuti. Gli investimenti culturali sono le uniche bombe intelligenti.

Investire in cultura è la nostra strada

Semplificare sempre di più le regole e la vita di chi scommette sulla cultura, dai lavoratori del settore, ai mecenati, dagli enti locali ai singoli, dalle imprese alle realtà associative è il più grande progetto infrastrutturale che il nostro Paese deve compiere.

Teatri, biblioteche, cinema, librerie, sale da concerto, locali per la musica sono luoghi del futuro, piazze del sapere, autostrade del pensiero e della creatività. Intendiamo rafforzare tutte le misure per modificare e far crescere le abitudini culturali degli italiani, a partire dalla scuola, a partire da azioni come la carta per la cultura oggi rivolta ai ragazzi e alle ragazze che compiendo diciotto anni diventano cittadini.

C’era un tempo in cui lo Stato ti dava il benvenuto mettendoti in mano un fucile: noi per la prima volta diamo il benvenuto nella comunità armandoli di poesia. Il Partito Democratico è stato e dovrà essere sempre di più il progetto di migliaia di donne e di uomini che si riconoscono nella centralità della Cultura e nella funzione dell’Italia nel mondo come grande superpotenza culturale.

Questa è la nostra missione, la nostra funzione storica, il nostro posto nel mondo.

L'eterno ritorno del secolo breve

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Quando si definì il Novecento "secolo breve", schiacciato tra la violenza di due guerre mondiali e dei totalitarismi, la fine del sistema dei blocchi e la tragedia immane del nazismo e dell'olocausto, probabilmente non si pensava che "la storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa". E qualche volta la farsa è persino peggio della tragedia, quando addirittura non la include.

Pensavamo di aver imparato qualche cosa da questo terribile Novecento, e di aver messo del fieno in cascina per l'inverno, per affrontare nuove sfide, magari anche nuovi sbagli, ma di certo non di ripetere quelli precedenti.

Guardiamo invece allo scenario che abbiamo davanti e alle discussioni che ogni giorno dobbiamo affrontare.

Discutere se sia giusto o sbagliato accogliere donne e bambini che fuggono dalla fame e dalla guerra, condividere con loro un tetto, dividere quel poco o quel tanto che abbiamo.

Come è possibile discutere che cosa debba essere la scuola e del fatto che tutti i bambini debbano sedere alla che stessa tavola a dividere lo stesso pane, ed invece trovarci a combattere contro chi rivendica il diritto di che chi ha di più abbia di più e chi ha di meno abbia di meno, persino nel luogo, la scuola appunto, che dovrebbe per primo costruire non omologazione, non un'uguaglianza schiacciante, ma emancipazione, la possibilità di superare le differenze.

Ed ancora la polemica sui cosiddetti costi della politica, che non è altro se non un ulteriore capitolo dello screditamento della politica, spesso anche fornendo dati falsi, per togliere forza a chi fa politica, a tutto vantaggio dei poteri economici. Aizzare la violenza degli sfruttati e degli oppressi contro i loro rappresentanti invece che contro i loro oppressori.

Cosa ci siamo dimenticati?
Ci siamo dimenticati della lotta dei nostri nonni.
Ci siamo dimenticati delle conquiste che sono costate la vita, sudore e sangue.
Ci siamo dimenticati di quei vecchietti che in Novecento di Bertolucci morivano nel fuoco della Casa del Popolo, colpiti dalla violenza di quelle squadracce che oggi si aggirano uguali nel Web.

Il movimento fascista, popolare e populista, nato per spazzare via la corruzione nel nome di una nuova purezza, si riaffacciò nella neonata Repubblica sotto l'insegna dell'Uomo Qualunque. Sopravvissuto sotto traccia è riemerso in salsa padana forte della crisi del sistema politico e oggi riaffiora, si eleva tronfio e vigoroso sotto nuove insegne, pelle di un vecchio serpente appena uscito dall'uovo, come le teste dell'Idra prende molte forme, tutte accomunate dall'idea che l'altro sia un nemico da battere a cancellare.

Abbiamo gettato alle ortiche la fatica fatta da chi la democrazia se l'è conquistata, non solo e non tanto come diritto al voto, ma soprattutto come capacità di considerare con dignità le opinioni diverse, come rispetto per chi la pensa diversamente da noi, come capacità di trovare ciò che di buono c'è nell'altro.

Non c'è futuro senza memoria, e chi è senza memoria di solito, purtroppo, scaglia la prima pietra

É questa, la sostanza, il Senso, il perché della Politica.

L'eterno ritorno del secolo breve

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Quando si definì il Novecento "secolo breve", schiacciato tra la violenza di due guerre mondiali e dei totalitarismi, la fine del sistema dei blocchi e la tragedia immane del nazismo e dell'olocausto, probabilmente non si pensava che "la storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa". E qualche volta la farsa è persino peggio della tragedia, quando addirittura non la include.

Pensavamo di aver imparato qualche cosa da questo terribile Novecento, e di aver messo del fieno in cascina per l'inverno, per affrontare nuove sfide, magari anche nuovi sbagli, ma di certo non di ripetere quelli precedenti.

Guardiamo invece allo scenario che abbiamo davanti e alle discussioni che ogni giorno dobbiamo affrontare.

Discutere se sia giusto o sbagliato accogliere donne e bambini che fuggono dalla fame e dalla guerra, condividere con loro un tetto, dividere quel poco o quel tanto che abbiamo.

Come è possibile discutere che cosa debba essere la scuola e del fatto che tutti i bambini debbano sedere alla che stessa tavola a dividere lo stesso pane, ed invece trovarci a combattere contro chi rivendica il diritto di che chi ha di più abbia di più e chi ha di meno abbia di meno, persino nel luogo, la scuola appunto, che dovrebbe per primo costruire non omologazione, non un'uguaglianza schiacciante, ma emancipazione, la possibilità di superare le differenze.

Ed ancora la polemica sui cosiddetti costi della politica, che non è altro se non un ulteriore capitolo dello screditamento della politica, spesso anche fornendo dati falsi, per togliere forza a chi fa politica, a tutto vantaggio dei poteri economici. Aizzare la violenza degli sfruttati e degli oppressi contro i loro rappresentanti invece che contro i loro oppressori.

Cosa ci siamo dimenticati?
Ci siamo dimenticati della lotta dei nostri nonni.
Ci siamo dimenticati delle conquiste che sono costate la vita, sudore e sangue.
Ci siamo dimenticati di quei vecchietti che in Novecento di Bertolucci morivano nel fuoco della Casa del Popolo, colpiti dalla violenza di quelle squadracce che oggi si aggirano uguali nel Web.

Il movimento fascista, popolare e populista, nato per spazzare via la corruzione nel nome di una nuova purezza, si riaffacciò nella neonata Repubblica sotto l'insegna dell'Uomo Qualunque. Sopravvissuto sotto traccia è riemerso in salsa padana forte della crisi del sistema politico e oggi riaffiora, si eleva tronfio e vigoroso sotto nuove insegne, pelle di un vecchio serpente appena uscito dall'uovo, come le teste dell'Idra prende molte forme, tutte accomunate dall'idea che l'altro sia un nemico da battere a cancellare.

Abbiamo gettato alle ortiche la fatica fatta da chi la democrazia se l'è conquistata, non solo e non tanto come diritto al voto, ma soprattutto come capacità di considerare con dignità le opinioni diverse, come rispetto per chi la pensa diversamente da noi, come capacità di trovare ciò che di buono c'è nell'altro.

Non c'è futuro senza memoria, e chi è senza memoria di solito, purtroppo, scaglia la prima pietra

É questa, la sostanza, il Senso, il perché della Politica.

Decidere è un dovere

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Il 4 di dicembre saremo chiamati ad un voto di conferma o meno della riforma costituzionale approvata dal Parlamento.

Ho grande rispetto per tutte le posizioni, a condizione però che chi le sostiene lo faccia entrando nel merito della proposta di riforma e non invece, come purtroppo accade, le utilizzi in modo strumentale per ragioni di parte, contro il Governo o contro questo o quel personaggio politico.

La riforma ora sottoposta al voto dei cittadini ha come centro il superamento del bicameralismo paritario.

Il suo obiettivo è mettere questo Paese in condizione di affrontare e risolvere i problemi, e non solo di discuterne.

Per come sono composti oggi la Camera e il Senato, eletti con modalità diverse e da una base elettorale differente, come previsto dalla seconda parte della Costituzione, ma entrambi titolari dello stesso potere legislativo, diventa matematico che si creino maggioranze diverse e variabili e che molti temi non vengano mai affrontati o subiscano estenuanti mediazioni, spesso al ribasso, che si ripetano governi con maggioranze composite, risicate, forzate impossibilitati a decidere su alcuni temi e deboli.

Questo lo riconoscono praticamente tutti, compresi molti tra coloro che sostengono il NO. Che però rimandano a una riforma futuribile, che non si è realizzata in passato e non c'è ragione perché possa realizzarsi in futuro, a maggior ragione se dal Paese venisse uno stop alle modifiche proposte.

Il tempo per provare a concretizzare questo obiettivo è questo. Per questo è stata necessaria una riforma della seconda parte, secondo le regole previste dalla Costituzione stessa, ed è importante che chi si riconosce in quella necessità la sostenga votando SI.

La democrazia funziona se è in grado di rispondere in tempi utili. Il Parlamento deve essere nella condizione di dover decidere.

Decidere non è un privilegio del politico, del parlamentare, è un suo dovere, perché la democrazia si basa sulla rappresentanza, ma anche sulla capacità di risolvere i problemi da parte del rappresentante. E sulla possibilità per il cittadino di valutare se il suo rappresentante ha fatto bene o meno.

Oggi va un po’ troppo di moda la cultura del megafono, la politica come pura denuncia dei problemi, come amplificazione della protesta.

Io penso che chi sta nelle istituzioni debba ascoltare la voce dei cittadini, ma non fare il megafono. Ascoltare e soprattutto risolvere i problemi, trovare soluzioni, inventarsi anche modi nuovi per risolverli. Se no è del tutto inutile.

Il fatto che ad ogni elezione ci siano tanti cittadini in meno che vanno a votare, ci dice che i cittadini pensano che la democrazia è inutile: questo è il tema che noi dobbiamo affrontare.

Se i cittadini sceglieranno di dire SI avremo dimostrato che un processo riformatore in questo Paese può iniziare, avere un percorso e arrivare a una conclusione - e questo è un fatto che dà dignità alla politica - e avere finalmente gli strumenti per essere più capaci di dare le risposte necessarie.

Non è in discussione il fatto di rafforzare un partito, una leadership o un governo, non si vota per quello. Si tratta di ridare alla politica la sua funzione e la sua dignità.

Sei libri, sei film, sei canzoni, sei scelte per conoscerci meglio.

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    Verità e metodo
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    Il piccolo principe
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    L'attimo fuggente
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    2001 odissea nello spazio
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    Giodano Bruno
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